Tommaseo editor di Manzoni

Una decina d’anni fa, ad un’asta londinese, acquistai una prima edizione della Ventisettana dei Promessi Sposi, l’esemplare estesamente chiosato nei margini da Niccolò Tommaseo, per lo più durante una lunga navigazione dalle coste della Dalmazia ed una sosta forzata nel porto di Ancona. Queste correzioni sarebbero state di straordinaria importanza per il risciacquamento dei panni in Arno in cui il Manzoni eliminò i lombardismi ed i secentismi. Tra le note del Tommaseo, che si estendono su oltre mille pagine dei volumi - da un paio di righe a varie per pagina, fino a lunghi commenti nei margini inferiori alla fine di ogni capitolo - si trova: “E’ il secentismo proprio dei Milanesi”; Eroica è affettato; Bel quadro, gli manca solo la rapidità; Pare un goffo dialogo di Goldoni; Non mi piace (riferito alla citazione del Principe di Condé). Oppure esclamazioni di plauso come “Bello, bellissimo; Divino !; Sublime (a proposito della Monaca di Monza “La sventurata rispose”). Si dirà che il Romanzo è tutta bugia? - Procacciare è troppo accattato - Bastava accennare i fatti senza citare i decreti - a pp. 30 e 32 due commenti marginali, Grande e bello! - La voce latinorum viene commentata con un Pesante da Tommaseo. A proposito di quella che è riconosciuta come la più bella pagina di “poesia in prosa” della letteratura italiana (la prima edizione riportava: “Addio montagne sorgenti dall’acqua ed erette al cielo”), il commento vergato dal Tommaseo è lapidario: “Erette è goffaggine” e obbligò senz'altro il Manzoni ad arrivare al sommo “Addio monti… elevati al cielo” nel testo definitivo del 1840. Era un esemplare mitico, le cui chiose solo in piccola parte erano state edite, e del quale si erano perse le tracce da quasi un secolo: ne ho pubblicato la scheda su un catalogo, proprio per una mostra della Permanente; Giancarlo Vigorelli, scrittore e Presidente del Centro Studi Manzoniani da poco scomparso, rimase entusiasta, trovò i fondi (privati) per l’acquisto e ne programmò la pubblicazione nell’ambito dell’edizione Nazionale delle opere (questo volume uscirà a breve..). MANZONI I promessi sposi. Milano, Vincenzo Ferrario, 1825-26. L’esemplare appartenuto a Niccolò Tommaseo da lui estesamente chiosato, di fondamentale importanza per la revisione del Romanzo compiuta nel 1840. 3 vol. in-8, lasciato a margini disuguali per permettere lunghe annotazioni. Edizione originale del più celebre e più significativo romanzo della letteratura italiana. Benché porti la data 1825-26, l'edizione non venne in luce che nel giugno del 1827. L’esemplare fu inviato, appena pubblicato, dall’autore al Tommaseo, il quale immediatamente lo lesse e lo annotò. “Veleggiava per l’Adriatico, nell’ottobre del ventisette, e, in mezzo alle isole della sua Dalmatia o negli ozii della traversata, meno brevi a quei tempi, un critico illustre si pasceva con avidità di un nuovo libro, al quale ripensò spesso nella lunga e operosa sua vita. Al chiarissimo signor N. Tommaseo l’autore aveva donato i Promessi Sposi, in quella prima stampa del 25, che è rara adesso e desiderata: e il Tommaseo veniva scrivendo sui margini i segni della sua ammirazione, dei dubbi, della censura: scriveva rapido, per suo diletto e per tormento dei curiosi, o vicini o lontani, con libertà amica, e quasi poi dovesse il poeta sentirlo e correggersi”. Così narra Emilio Teza dell’incontro tra Niccolò Tommaseo, allora appena venticinquenne, e la princeps de I Promessi Sposi, appena terminata di stampare nel giugno del 1827, incontro da cui doveva nascere uno dei primissimi interventi critici sul capolavoro manzoniano. Già nell’Ottobre 1827 uscì ne L’Antologia, pubblicata dal comune amico Viesseux, la recensione del Tommaseo al romanzo, nella quale figurano varie parti delle estese annotazioni poste in fine ai singoli capitoli e ad ognuno dei volumi di quest’esemplare. I tomi furono inviati a Gino Capponi, e da questi poi donati alla figlia, marchesa Marianna Farinola, ma già verso la metà dell’Ottocento se ne erano perse le tracce. Nel 1897 G. Rigutini pubblicò uno studio presso la Bemporad di Firenze nel quale vengono parzialmente riportate queste postille del Tommaseo. Il Rigutini non poté consultare quest’esemplare, già andato perduto, e, come si legge nell’Avvertenza al lettore: «…dovetti condurre la edizione sopra una copia che il Bencini (1775- 1847) ne fece, anni sono, per incarico del prefetto della nostra Biblioteca Nazionale. Fu il Bencini, come sanno tutti gli studiosi di Firenze, valentissimo leggitore di manoscritti: ma la carta sugante del libro, l’angustia dei margini, e peggio poi la informe scrittura del Tommaseo, resero a lui, e lo avrebbero reso a chiunque, altro, impossibile il decifrar sempre quello che il postillatore volle scrivere». Esemplare di estrema importanza per la letteratura e la filologia italiana; soprattutto il fatto che parte delle annotazioni del Tommaseo siano inedite, rendono straordinario l’interesse di questi volumi, in funzione di una definitiva ed integrale pubblicazione delle chiose che contribuirono alla redazione definitiva del più importante romanzo italiano. Il lavoro di revisione lessicale e linguistica che il Manzoni fece sul testo della prima edizione, effettuato dopo che si recò a Firenze “per risciacquare – come egli stesso disse scherzosamente – i suoi panni in Arno” è di grande importanza per l’intera storia della letteratura e della lingua italiana. In una lettera che il Tommaseo inviò a Gian Pietro Viesseux così si espresse: «Parliam di Manzoni…il suo merito è di nulla tralasciare, neppure le minime circostanze, le minime pieghe del cuore; si lodava l’artefizio della narrazione e dei passaggi; e che quel libro doveva studiarsi anche per la lingua; e che nel secondo tomo quella conversione è mirabilmente preparata e descritta; e che la prolissità non annoia; e che il terzo tomo è di tutti il più bello; che quella peste è cosa sovrana, quel lazzaretto dalla potenza della pittura aggrandito».

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