BIONDO, Michelangelo.

Angoscia. La prima furia del mondo

Dalla Casuppula del Biondo. (In fine:) In Vinegia, per Giovann'Antonio, e Pietro fratelli de Nicolini da Sabbio. Nell'anno. MDXXXXII del Mese di Marzo (1542)

in-8 , ff. 44, presente ultimo foglio bianco (A-E⁸ F⁴), elegante legatura in stile Settecentesco in marocchino verde con triplice filettatura in oro ai piatti e ricche dentelles interne, dorso a nervi con fregi oro. Editio princeps. Il nome dell'a. si ricava dalla dedica e dall'incipit. Si tratta della "opera sua più singolare: Angoscia, Doglia e Pena, le tre furie del mondo" (DBIt). Nel 1542 apparvero singolarmente le prime due parti Angoscia e Doglia, ristampate nel 1546, con ritocchi, insieme con una terza, la Pena, e dedicate, con voluta ironia, al fratello Francesco, sposo di fresco. Modello di trattato misogino, l'autore vi riversa, con enfasi, la sua amara esperienza di marito ("subito che averai detto donna, hai detto tutto il male che si può dir in una parola"). L'opera è concepita come commento a due sonetti e una strofa dialogati tra Socrate e Nifo. Il Biondo esercitò la professione medica a Napoli dove introdussel'applicazione dell'acqua fredda nella cura delle ferite e delle contusioni. Raro, censito in sole 10 Biblioteche pubbliche italiane. Curioso il termine che il Biondo utilizza per indicare il proprio indirizzo, in pochi casi denominato "tugurio". In questo caso così termina l'opera: "Vi scrissi ciò per memoria, non per documento da quella Casuppula, dove solitario contemplo la mia fortuna, remigando con tutte le forze al destinato fine". Buon esemplare, con antichi restauri al margine del titolo.

Manca a Gamba.

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