Collezioni a confronto
Il parallelo tra cataloghi di diverse epoche dedicati al medesimo argomento non si esaurisce ad un episodio, ma ricorre nella presentazione di altre monografie, ad esempio sul Poeta della Commedia: Dante e il suo Tempo (1965) e Florilegio di edizioni dantesche (2010). Il primo fu pubblicato per il settecentenario della nascita dell’autore, mentre del secondo è attualmente in preparazione una corposa addenda che vedrà la luce nel 2011 per il 690° anniversario della morte. Dante e il suo Tempo (n. 13, dal sottotitolo I precursori del Rinascimento - Jacopone da Todi, Guido Cavalcanti, Boccaccio, Petrarca, Cino da Pistoia, Cecco d’Ascoli, Brunetto Latini, Guittone d’Arezzo, Villani, Leonardo Aretino) comprendeva ben 1266 lotti e si meritò una lettera di apprezzamento da parte di Papa Paolo VI. Anche in questo caso, vale la pena di evidenziare le quotazioni della Commedia di Bernardino Benali e Matteo Capocasa del 1491: la già rispettabile cifra di 950.000 lire (“con legatura molto sciupata”) nel 1965 appare quasi ingenua di fronte ai 55.000 euro richiesti oggi per un pur importantissimo esemplare con annotazioni secentesche di ambito rosacrociano; mentre per l’aldina del 1502 si passa dalle 240.000 lire ai 16-19.000 euro dei due esemplari proposti nel 2010. Un confronto si può fare anche tra le due collezioni di tavole sciolte del Theatrum Sabaudiae et Pedemontii, che furono proposte nel 1979 e nel 2002, a partire da due esemplari, entrambi sfasciati, non più reintegrabili come libri ma presentati nell’interezza del loro corredo illustrativo. Così definì l’opera Giuseppe Luigi Marini nella prefazione del 1979: “eccezionale documento del secolo barocco e insuperato monumento iconografico del Ducato Sabaudo ... espressione di cultura e volontà di prestigio di un minuscolo Stato, vero incunabolo di una pratica pubblicistica... Come in un vero e proprio teatro, dove si sposano finzione e realtà, le 140 lastre in rame descrivono le terre del Duca, non immuni dalla pomposità e dalla retorica barocche, con quel tanto di verità che le rende ancor oggi topograficamente riconoscibili, e con quel pizzico d’illazioni e di goloso arbitrio che le colora di leggenda” Ma l’esempio più significativo di uno stesso tema riproposto a distanza di anni è probabilmente Gabriele D’Annunzio, protagonista di due cataloghi pubblicati nel 1972 e nel 1996. L’introduzione al n. 33 di Franco Antonicelli, compianto saggista e personalità dell’antifascismo torinese, lo definisce “una raccolta preziosa offerta in vendita e un catalogo di schede raffinate”. Rammaricandosi, da appassionato studioso, che tale collezione “andrà in mano ad amatori diversi, per la loro intrasmissibile gioia”, si consola infine così: “Pazienza! E’ già una gran cosa possedere una copia di questo catalogo dei Pregliasco, affettuosa famiglia di librai antiquari onorata da ricercatori di qualità”. Non a caso il catalogo del ’72, che a ragione “non passò inosservato a bibliofili, studiosi e librai”, fu prezioso punto di riferimento per la schedatura dell’opuscolo del ’96, che ne mantenne l’azzeccata copertina, pur con una grafica interna decisamente moderna.